In gravidanza
Il periodo della gravidanza è sicuramente, nella vita della donna, un momento nel quale è molto importante che mai seguire una corretta alimentazione per salvaguardare la salute di mamma e bambino.
A fine gravidanza la donna non dovrebbe pesare più di 10 Kg-12 kg del suo peso iniziale; tale aumento deve essere progressivo secondo il trimestre e le settimane di gestazione.
L’aumento di peso dovrebbe essere indicativamente così ripartito: 2KG nel primo trimestre, 5-5,5 KG durante il secondo trimestre e 3-3,5 KG nell’ultimo.
Ogni donna è però un caso a sé e ogni gravidanza lo è in ogni caso va sfatato il falso mito del “se siamo in due devo mangiare per due”. Il fabbisogno calorico giornaliero infatti aumenta tipicamente di solo 200-250 Kcal.
Se il peso dovesse aumentare in maniera significativa discostandosi da quanto sopra è bene rivolgersi ad un nutrizionista che sarà in grado di consigliare il regime alimentare più indicato.
In gravidanza l’alimentazione deve essere molto varia, bisogna però evitare cibi potenzialmente dannosi per la crescita del feto: cibi di origine animale crudi o poco cotti, insaccati inclusi, che potrebbero portare a patologie come toxoplasmosi o listeriosi, pochi zuccheri raffinati e bevande dolcificate, le sostanze nervine che potrebbero indurre contrazioni muscolari dell’utero, limitare uso di patate, peperoni e melanzane che potrebbero influire sul sistema nervoso del bambino, non mangiare uova crude.
Inoltre escludere alcool e caffè.
Anche il periodo dell’allattamento è un periodo molto delicato nel quale l’alimentazione ha un ruolo di primaria importanza. Il nutrizionista può in questo caso aiutarvi a scegliere i giusti alimenti escludendo quelli potenzialmente dannosi, quelli che favoriscono l’insorgere delle coliche nei piccoli allattati al seno.
Ricordate che impariamo a mangiare da piccoli e la mamma è il nostro primo esemio.
Alimentazione nel bambino
Quasi il 40% delle mamme italiane non si rende conto di avere un figlio in sovrappeso o obeso.
Questo dato fa capire perché in Italia abbiamo il 15% di bambini obesi e che di questi il 40% lo rimarrà anche in età adulta.
L’amore materno non deve offuscare l’obiettività e la capacità di insegnare ai propri figli un’alimentazione sana che garantirà loro meno problemi di salute in età adulta e una vita sociale più serena senza complessi e rischi psicologici.
Nei bambini e anche negli adolescenti non parliamo di dieta! Educazione alimentare, imparare a nutrirsi come si imparano i verbi o le tabelline. I nostri figli assorbono le informazioni dall’esterno, i genitori sono il loro esempio e negli ultimi anni anche la pubblicità ha capito che arrivare alla pancia dei bambini equivale a mettere le mani nei portafogli dei genitori.
Attenzione quindi a non mangiare davanti alla tv accesa, a cedere spesso ai fast food, agli all you can eat…a tutti quei luoghi in cui non è cosa mangiamo ma come e quanto l’importante!
Scoprire i sapori, i colori del cibo, il piacere di una abbondante colazione, la gioia di mangiare seduti ad un tavolo con i propri cari, riscoprire la bontà delle merende di una volta…
Amare i nostri figli significa anche insegnare loro una corretta alimentazione ed essere obiettivi permette di farsi aiutare da uno specialista che aprirà un percorso da intraprendere coinvolgendo sia i genitori che i bambini.
Dieta nello sportivo
Ogni sport ed ogni metabolismo devono essere accompagnati da un percorso nutrizionale specifico e personalizzato, sia che si tratti di attività sportiva agonistica che amatoriale.
Un professionista conosce già l’importanza dell’alimentazione mentre uno sportivo amatoriale magari non sa che la stessa è diversa nella fase di preparazione, durante e nel post. E magari non sa neppure quanto questa sia in grado di influenzare l’esito delle prestazioni.
Ciò che introduciamo nel nostro organismo deve fungere da benzina (calorie), come protezione (vitamine, minerali, fibre ed antiossidanti), per le regolazioni termiche (bevande, acqua), e per il continuo rinnovamento (proteine).
A seconda dell’attività sportiva intrapresa, poi, l’alimentazione deve essere diversa.
Per gli sport di forza (tipicamente pesi) è molto importante l’apporto proteico per favorire l’incremento della massa muscolare, mantenendo comunque una buona percentuale di carboidrati fondamentali per l’apporto di energie. L’apporto di grassi deve essere invece moderato; tipicamente una alimentazione per questi tipi di sport è nell’ordine 55% carboidrati, 20% proteine, 25% grassi.
Per gli sport di velocità e scatto (sprint, nuoto su brevi distanze, corsa sui 100m) si dà invece tipicamente attenzione all’apporto corretto di carboidrati per avere energia immediata con minor dispendio di ossigeno; i carboidrati inoltre favoriscono la concentrazione mentale e la velocità di reazione. Altrettanto importante poi sono la frutta e le verdure fresche che forniscono vitamine e sali minerali.
Da non sottovalutare anche il tempo di digestione che hanno i differenti tipi di cibo per non rischiare di appesantire lo stomaco e quindi sottrarre energia all’organismo da indirizzare invece sull’attività sportiva (più il cibo è grasso, più tempo ci metteremo a digerirlo).
A seconda della tipologia del cibo ingerito, infatti, potremmo avere tempi di digestione che variano dai 30-60 minuti (bevande, frutta, yogurt…..) ad oltre 4 ore (carni grasse).
Non esiste una dieta generica sportiva da seguire; l’approccio corretto è invece quello di affrontare il discorso con un nutrizionista che potrà consigliarvi la giusta dieta.
Diete classiche
Esiste in letteratura una grande varietà di diete, ciascuna con caratteristiche diverse.
Ognuna di queste diete può presentare punti di forza e di debolezza, ciò che le accomuna è che comunque non sono personalizzate e che non tengono conto delle caratteristiche e preferenze alimentari del paziente. Come per esempio la dieta Dukan, Dieta a zona, la dieta dei gruppi sanguigni, la dieta scarsdale, o la dieta del minestrone.
Tutte queste diete se seguite in maniera errata o troppo prolungata senza la supervisione di uno specialista possono portare a disfunzioni alimentari, malassorbimento, problemi di sovraccarico degli organi emuntori quali, fegato e reni.
Il consiglio è quello di non utilizzare una di queste diete fai da te, ma di rivolgersi ad uno specialista per confezionare una dieta personalizzata. Può sembrare un consiglio di parte ma siate certi che il nutrizionista è l’unico che può farvi perdere peso in maniera corretta e senza rischio di riprendere i chili persi in breve tempo!
Patologie
Una corretta alimentazione è un fattore essenziale per la prevenzione di alcune patologie, ed è direttamente correlata all’innalzamento dell’aspettativa di vita.
L’obesità, ossia la condizione per cui un corpo ha grasso in eccesso, è una delle malattie più diffuse delle società cosiddette del “benessere”, ed è la principale causa di morte prevedibile in tutto il mondo.
Un primo metodo per verificare il grado di obesità di una persona adulta è quello di determinare l’indice di massa corporea (BMI), che si ottiene dividendo il peso (in Kg) per il quadrato dell’altezza (in metri), ossia BMI = kg/m^2
Il risultato ottenuto si confronta con la tabella qui sotto per ottenere la corretta classificazione del proprio metabolismo. Esistono studi scientifici che mettono in relazione il grado di BMI con la riduzione dell’aspettativa di vita.
BMI | Classificazione | Aspettativa di vita a 40 anni: uomo non fumatore | Aspettativa di vita a 40 anni: donna non fumatrice |
< 18.5 | Sottopeso | ||
18.5-24.9 | Peso Normale | Normale (83 anni) | Normale (86 anni) |
25.0-29.9 | Sovrappeso | -3.1 anni | -3.3 anni |
30.0-34.9 | Obesità classe I | -5.8 anni | -7.1 anni |
35.0-39.9 | Obesità classe II | ||
>= 40 | Obesità classe III |
Oltre al BMI è fondamentale anche la misura della circonferenza di vita, indicatore del tessuto viscerale adiposo. Tale valore è direttamente correlato con rischio di patologie cardiovascolari, diabete e mortalità in genere. La tabella qui sotto si riferisce a soggetti di statura superiore ai 150 cm.
Uomo | Donna | |
Rischio | CM | CM |
Molto elevato | >120 | >110 |
Elevato | 100-120 | 90-109 |
Basso | 80-99 | 70-89 |
Molto basso | <80 | <70 |
Le conseguenze sanitarie dell’obesità si manifestano in varie forme: cardiologica (ipertensione, trombosi, ischemia, insufficienza cardiaca), endocrinologica (diabete, infertilità, morte del feto), gastroenterologica (reflusso gastroesofageo, colelitiasi, steatosi epatica), neurologica (ictus, emicrania, sclerosi multipla), oncologica(tumore, mieloma multiplo), psichiatrica (depressione, patologie sociali),pneumologica (apnea del sonno, ipoventilazione, asma), reumatologica (gotta, artrite, lombalgia), urologica (incontinenza, insufficienza renale cronica).
Diabete: si tratta di una malattia cronica del metabolismo che consiste in un aumento dei livelli di zucchero nel sangue causato da un’insufficiente produzione dell’insulina da parte del pancreas. Le conseguenze di questa malattia si traducono in complicanze croniche a livello di vari organi: occhi, reni, cuore, vasi sanguigni. Si distinguono due tipi di diabete: tipo 1 (o giovanile, visto che si manifesta generalmente entro i 30 anni di età) o tipo 2 (o senile). Entrambi i tipi di diabeti si curano con terapia farmacologica appropriata e una adeguata dieta a basso carico glicemico.
Tiroide: la tiroide è una ghiandola fondamentale del nostro organismo in quanto produce ormoni che regolano moltissime attività metaboliche, come ad esempio la frequenza cardiaca e respiratoria, la fertilità e la crescita.
Le patologie che riguardano la produzione di ormoni della tiroide si dividono in ipertiroidismo (eccesso di produzione degli ormoni e conseguente accelerazione del metabolismo, tachicardia, gozzo, sudorazione, tremori), e ipotiroidismo (riduzione parziale o totale dell’azione degli ormoni tiroidei: sonnolenza, freddo, crampi, gozzo). Non solo i farmaci, ma anche una corretta alimentazione aiutano il buon funzionamento della tiroide; alcuni alimenti hanno proprietà coadiuvante: per esempio nell’ipertiroidismo è bene evitare sostanze stimolanti (alcol, caffeina) ed è consigliata l’assunzione di verdure crude (rucola, brocchi, cavoli, cavolfiori).
Da non sottovalutare anche l’anoressia nervosa, un altro dei più importanti disturbi del comportamento alimentare. L’anoressia nervosa è il rifiuto del cibo causato dalla paura ossessiva di ingrassare, con conseguente magrezza estrema e conseguenti rischi estremi per la salute. In questo caso gli obiettivi del nutrizionista sono riferiti alla riabilitazione nutrizionale per ristabilire il peso ideale e normalizzare i comportamenti del paziente.
Altro disturbo del comportamento alimentare è la bulimia nervosa, patologia per cui una persona ingerisce una quantità di cibo eccessiva senza riuscire a metabolizzarlo (vomito autoindotto, uso di lassativi o purghe, intenso esercizio fisico). Anche in questo caso l’obiettivo primario del nutrizionista è quello di insegnare la corretta alimentazione ed eliminare la perdita di controllo del paziente, reintroducendo un corretto modello alimentare ed insegnare l’automonitoraggio.